“Dove abita Dio tutti siamo a Casa”
Pellegrinaggio delle famiglie in Terra Santa
6-11 LUGLIO 2017
«Il dimorare del Figlio di Dio nella «casa vivente», nel tempio, che è Maria, ci porta ad un altro pensiero: dove abita Dio, dobbiamo riconoscere che tutti siamo «a casa»; dove abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono più stranieri. Maria, che è madre di Cristo è anche nostra madre, ci apre la porta della sua Casa, ci guida ad entrare nella volontà del suo Figlio. È la fede, allora, che ci dà una casa in questo mondo, che ci riunisce in un’unica famiglia e che ci rende tutti fratelli e sorelle. Contemplando Maria, dobbiamo domandarci se anche noi vogliamo essere aperti al Signore, se vogliamo offrire la nostra vita perché sia una dimora per Lui; oppure se abbiamo paura che la presenza del Signore possa essere un limite alla nostra libertà, e se vogliamo riservarci una parte della nostra vita, in modo che possa appartenere solo a noi. Ma è proprio Dio che libera la nostra libertà, la libera dalla chiusura in se stessa, dalla sete di potere, di possesso, di dominio, e la rende capace di aprirsi alla dimensione che la realizza in senso pieno: quella del dono di sé, dell’amore, che si fa servizio e condivisione.
La fede ci fa abitare, dimorare, ma ci fa anche camminare nella via della vita. Anche a questo proposito, la Santa Casa di Loreto conserva un insegnamento importante. Come sappiamo, essa fu collocata sopra una strada. La cosa potrebbe apparire piuttosto strana: dal nostro punto di vista, infatti, la casa e la strada sembrano escludersi. In realtà, proprio in questo particolare aspetto, è custodito un messaggio singolare di questa Casa. Essa non è una casa privata, non appartiene a una persona o a una famiglia, ma è un’abitazione aperta a tutti, che sta, per così dire, sulla strada di tutti noi. Allora, qui a Loreto, troviamo una casa che ci fa rimanere, abitare, e che nello stesso tempo ci fa camminare, ci ricorda che siamo tutti pellegrini, che dobbiamo essere sempre in cammino verso un’altra abitazione, verso la casa definitiva, verso la Città eterna, la dimora di Dio con l’umanità redenta.»
Papa Benedetto XVI il 4 ottobre 2012, nel 50° anniversario di del viaggio di Giovanni XXIII per l’inizio del Concilio Vaticano II, pronunciò queste parole a Loreto, dove sono custodite le pietre della casa di Maria a Nazareth.
La fede ci fa abitare, dimorare … la fede ci fa camminare nella via della vita.
Questo è il punto di partenza del nostro viaggio in Terra Santa per le famiglie che vedono descritta nella casa la loro spiritualità legata alla quotidianità e al cammino la dimensione di cambiamento come opportunità di vivere sempre più concretamente l’amore di cui sono, per grazia, sacramento.
Famiglie che si mettono in cammino verso le case in cui Gesù è passato, si è fermato chiedendo ospitalità, ha abitato. Lui, l’Emanuele, il Dio con noi, non poteva oltrepassare la casa quale luogo e tempo in cui prendersi cura dell’umanità e lasciarsi amare. Perché è nella casa che passa la vita e la morte, la gioia e la il pianto, le ansie e le paure, la sofferenza e la speranza.
La famiglia è scuola di amore concreto, del prendersi cura dell’altro.
Pellegrini da Nazareth a Betlemme, da Cafarnao a Gerusalemme, da Cana al Tabor per ricordarci che Gesù abita la nostra casa e si prende cura di noi, dell’umanità intera.
Questo ci ricorda che la casa in cui Gesù abita «non è una casa privata, non appartiene a una persona o a una famiglia, ma è un’abitazione aperta a tutti, che sta, per così dire, sulla strada di tutti noi». Andiamo in pellegrinaggio perché nelle nostre case abbiamo imparato che l’amore è concreto: non si sposa un ideale ma una persona, non si accolgono i figli ideali ma persone.
Nella terra di Gesù, «troviamo una casa che ci fa rimanere, abitare, e che nello stesso tempo ci fa camminare, ci ricorda che siamo tutti pellegrini, che dobbiamo essere sempre in cammino verso un’altra abitazione, verso la casa definitiva, verso la Città eterna, la dimora di Dio con l’umanità redenta». A noi pellegrini è chiesto di coniugare la casa e la strada, stabilità e apertura al cambiamento nella certezza che l’amore non è un oggetto da museo e da contemplare al di fuori della complessità della vita. L’amore cresce donandolo e mai, su questa terra, potremmo dire di conoscerlo, di possederlo perché ha il volto dell’altro, sempre diverso da noi!
E se volete tutti siamo incamminati verso un amore più grande. È nella sinfonia degli incontri che siamo amati e possiamo conoscere l’Amore. San Giovanni Paolo II così si rivolgeva ai giovani a Tor Vergata, nella GMG del 2000: «Voi pensate alla vostra scelta affettiva, e immagino che siate d’accordo: ciò che veramente conta nella vita è la persona con la quale si decide di condividerla. Attenti, però! Ogni persona umana è inevitabilmente limitata: anche nel matrimonio più riuscito, non si può non mettere in conto una certa misura di delusione. … Ogni essere umano, prima o poi, si ritrova ad esclamare: “Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. Solo Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio e di Maria, il Verbo eterno del Padre nato duemila anni orsono a Betlemme di Giudea, è in grado di soddisfare le aspirazioni più profonde del cuore umano»
Siamo «sempre in cammino verso un’altra abitazione»: quella ci mostra «la dimora di Dio con l’umanità redenta», ci fa guardare in alto, ci mostra verso dove stiamo andando; questa, la nostra, grazie al dono che è l’altro, ci aiuta ogni giorno a discernere i gesti e le parole che facendoci uscire da noi stessi ci immergono nel mistero di Dio.
«Dio abita dove lo si lascia entrare», dice un filosofo ebreo: per questo il nostro viaggio sarà un pellegrinaggio della fede, festa di incontri! Desideriamo riconoscere e scoprire il volto di Gesù lì dove il Verbo si è fatto carne, lì dove non è possibile collegare la fede a candele, turiboli, tovaglie e vestiti ma alla terra, alla storia, a un popolo! La tenerezza e la misericordia con cui Gesù vive i suoi incontri saranno per ognuno di noi via che conduce alla pienezza della carità.
Un pellegrinaggio che ci aiuterà a non vedere le famiglie come oggetto di catechesi e insegnamenti ma soggetto plurale di evangelizzazione perché ognuno si converta allo stile di un Dio che per comunicarsi ha scelto il “sacramento” delle azioni più concrete: riunirsi e agire comunitariamente, salutare e dialogare, cantare e acclamare, leggere un testo e interpretarlo, formulare desideri e ringraziare, chiedere perdono e darsi la pace, preparare la mensa e partecipare al convito, … Dio si è fatto uomo in una famiglia ricordando a tutti, celibi, vergini e sposati che «non è bene che l’uomo sia solo».
Il primo impegno della Chiesa nel tempo è quello di costruire una fraternità universale in cui tutti siamo una sola famiglia che ha come statuto l’amore.